Laboratori formativi
martedì 12 novembre 2013
Giovani immigrati, creazione di una identità!
I giovani immigrati di II generazione
"Sviluppare un intervento a favore delle seconde generazioni di migranti in Italia significa aprire unaquestione che nel prossimo futuro susciterà un importante dibattito, che non sarà più rigidamentecircoscritto soltanto all’immigrazione. Infatti, l’integrazione delle seconde generazioni non soltantorappresenta una tappa cruciale dei fenomeni migratori, ma è anche un importante fattore dicambiamento sociale per le società riceventi.Le seconde generazioni - con riferimento ai figli degli immigrati presenti in Italia, dove sono nati ohanno compiuto almeno una parte della loro scolarizzazione o formazione professionale -costituiscono una categoria sociale molto importante: devono mediare tra culture diverse e spessohanno difficoltà a trovare modelli con cui si, il che può talvolta suscitare in loro un sensodi frustrazione e di tensione.
Io ora mi sento come se non fossi di nessuna nazionalità …. Non mi sento nessuna delle due perchè : primacosa ,sono nato di là , ma non abito di là , non vivo più la vita di là .. Ma qua non è facile esser accettatocome amico , nel senso che tu sai di essere straniero , non hai un diritto , non sai parlare , non sai niente …Allora non è che mi sento italiano , ma non mi sento neanche salvadoregno ….. Anche a casa mi sento unpo’ fuori posto . Ho raggiunto mia madre che era qui da 14 anni, quindi non è che ho vissuto con lei . Anchecon lei sento l la differenza … mi devo abituare …” (Vitte )
“Io sono qui da nove anni. All’inizio ho proprio sentito la solitudine … cioè volevo fare tante cose ma nonriuscivo a fare niente. Proprio impotenza totale ! In Cina uscivo con gli amici , andavo in giro, invece qui tuttigiorni in casa , chiuso in casa da solo …I miei amici veri sono tutti cinesi ; con loro mi trovo subito , vogliamofare le stese cose , ci piacciono le stesse cose.. ”(Yue)
“Ormai mi sento italiano , ma non voglio rinunciare alla mia parte egiziana ; so che non potrei tornare adabituarmi alla vita egiziana e che il mio futuro non è là …. Magari sarà in Inghilterra. Io mi comporto come unitaliano , penso come un italiano … so molto più della vita italiana di tanti miei compagni . Questo è ormai ilmio paese . Però vorrei che si riconoscesse anche la mia parte araba . Perché dovrei dimenticarla ? ”(Amithai)
Dall’analisi dei dati a disposizione si può notare come solo una piccola parte di adolescenti è nata inItalia e ha presumibilmente compiuto un percorso scolastico “alla pari” rispetto a quello deicoetanei italiani. La gran parte degli adolescenti immigrati è invece nata nel Paese d’origine ed ègiunta in Italia ad un certo punto della vita: per ricongiungersi ai genitori, per motivi economici, perlavoro, in cerca di asilo e in fuga dalla guerra. A loro è stata applicata l’efficace – anche se riduttiva- definizione di “generazione 1,5”, per significare una condizione di vita sospesa tra riferimentidiversi, a metà strada fra il contesto di origine e il luogo di accoglienza. Le norme sulricongiungimento familiare prevedono la possibilità di far giungere i figli in Italia solo se minorennie quindi, per poter riunificare la famiglia, vengono spesso interrotti i percorsi di studio.
L’orientamento della letteratura europea più recente conferma che ciò che più comunemente si riscontra nelle seconde generazioni,è che il vivere in bilico tra due mondi culturali diversi può dar luogo a fenomeni di sincretismi,mentre, in altri casi, se esso non è adeguatamente gestito, può portare all’adozione dicomportamenti marginali e devianti. I ragazzi che vivono un’esperienza di migrazione in etàadolescenziale devono infatti aggiungere, ai turbamenti ed agli squilibri tipici di questa fase dellavita, tutte le difficoltà che questo cambiamento comporta.
All’altro estremo si trova invece la soluzione legata al processo di assimilazione, quindi ad unaadesione totale ai modelli e alla cultura d’accoglienza, con un contemporaneo rifiuto per la lingua egli atteggiamenti d’origine.Accanto a queste soluzioni se ne pone una terza che si può definire della marginalità, che sembramolto presente tra i ragazzi stranieri. Sono coloro che non si sentono di appartenere a nessuna delledue culture e che si collocano passivamente nei confronti di entrambe. Sembra che di fronte aproposte di ‘etnicità’ ambigue e contraddittorie, nel giovane finisca per prevalere la confusione, chespesso si esprime attraverso l’imperfetto bilinguismo: di conseguenza, anche dopo diversi anni disoggiorno nel nuovo Paese, non sa parlare correttamente né la lingua dei suoi genitori né quella deisuoi amici
"Sviluppare un intervento a favore delle seconde generazioni di migranti in Italia significa aprire unaquestione che nel prossimo futuro susciterà un importante dibattito, che non sarà più rigidamentecircoscritto soltanto all’immigrazione. Infatti, l’integrazione delle seconde generazioni non soltantorappresenta una tappa cruciale dei fenomeni migratori, ma è anche un importante fattore dicambiamento sociale per le società riceventi.Le seconde generazioni - con riferimento ai figli degli immigrati presenti in Italia, dove sono nati ohanno compiuto almeno una parte della loro scolarizzazione o formazione professionale -costituiscono una categoria sociale molto importante: devono mediare tra culture diverse e spessohanno difficoltà a trovare modelli con cui si, il che può talvolta suscitare in loro un sensodi frustrazione e di tensione.
Io ora mi sento come se non fossi di nessuna nazionalità …. Non mi sento nessuna delle due perchè : primacosa ,sono nato di là , ma non abito di là , non vivo più la vita di là .. Ma qua non è facile esser accettatocome amico , nel senso che tu sai di essere straniero , non hai un diritto , non sai parlare , non sai niente …Allora non è che mi sento italiano , ma non mi sento neanche salvadoregno ….. Anche a casa mi sento unpo’ fuori posto . Ho raggiunto mia madre che era qui da 14 anni, quindi non è che ho vissuto con lei . Anchecon lei sento l la differenza … mi devo abituare …” (Vitte )
“Io sono qui da nove anni. All’inizio ho proprio sentito la solitudine … cioè volevo fare tante cose ma nonriuscivo a fare niente. Proprio impotenza totale ! In Cina uscivo con gli amici , andavo in giro, invece qui tuttigiorni in casa , chiuso in casa da solo …I miei amici veri sono tutti cinesi ; con loro mi trovo subito , vogliamofare le stese cose , ci piacciono le stesse cose.. ”(Yue)
“Ormai mi sento italiano , ma non voglio rinunciare alla mia parte egiziana ; so che non potrei tornare adabituarmi alla vita egiziana e che il mio futuro non è là …. Magari sarà in Inghilterra. Io mi comporto come unitaliano , penso come un italiano … so molto più della vita italiana di tanti miei compagni . Questo è ormai ilmio paese . Però vorrei che si riconoscesse anche la mia parte araba . Perché dovrei dimenticarla ? ”(Amithai)
I frammenti tratti dai racconti autobiografici dei ragazzi stranieri (citati in Colombo 2007) delineanoalcune caratteristiche della nuova età che ha fatto la sua comparsa da poco sulla scena dell’immigrazione straniera in Italia e raccontano il tempo dell’adolescenza altrove , la ricerca di sè inbilico fra due mondi , i percorsi di identificazione tra le origini e il “qui e ora” .
Dall’analisi dei dati a disposizione si può notare come solo una piccola parte di adolescenti è nata inItalia e ha presumibilmente compiuto un percorso scolastico “alla pari” rispetto a quello deicoetanei italiani. La gran parte degli adolescenti immigrati è invece nata nel Paese d’origine ed ègiunta in Italia ad un certo punto della vita: per ricongiungersi ai genitori, per motivi economici, perlavoro, in cerca di asilo e in fuga dalla guerra. A loro è stata applicata l’efficace – anche se riduttiva- definizione di “generazione 1,5”, per significare una condizione di vita sospesa tra riferimentidiversi, a metà strada fra il contesto di origine e il luogo di accoglienza. Le norme sulricongiungimento familiare prevedono la possibilità di far giungere i figli in Italia solo se minorennie quindi, per poter riunificare la famiglia, vengono spesso interrotti i percorsi di studio.
L’orientamento della letteratura europea più recente conferma che ciò che più comunemente si riscontra nelle seconde generazioni,è che il vivere in bilico tra due mondi culturali diversi può dar luogo a fenomeni di sincretismi,mentre, in altri casi, se esso non è adeguatamente gestito, può portare all’adozione dicomportamenti marginali e devianti. I ragazzi che vivono un’esperienza di migrazione in etàadolescenziale devono infatti aggiungere, ai turbamenti ed agli squilibri tipici di questa fase dellavita, tutte le difficoltà che questo cambiamento comporta.
All’altro estremo si trova invece la soluzione legata al processo di assimilazione, quindi ad unaadesione totale ai modelli e alla cultura d’accoglienza, con un contemporaneo rifiuto per la lingua egli atteggiamenti d’origine.Accanto a queste soluzioni se ne pone una terza che si può definire della marginalità, che sembramolto presente tra i ragazzi stranieri. Sono coloro che non si sentono di appartenere a nessuna delledue culture e che si collocano passivamente nei confronti di entrambe. Sembra che di fronte aproposte di ‘etnicità’ ambigue e contraddittorie, nel giovane finisca per prevalere la confusione, chespesso si esprime attraverso l’imperfetto bilinguismo: di conseguenza, anche dopo diversi anni disoggiorno nel nuovo Paese, non sa parlare correttamente né la lingua dei suoi genitori né quella deisuoi amici
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Ciao!! Molto bello il tema del tuo blog e soprattutto attuale. In Italia oggi ci sono moltissimi figli di immigrati che purtroppo, pur essendo nati in Italia, non sono considerati italiani a tutti gli effetti. Una domanda che mi sono sempre posta è ma quanti disabili di origine straniera ci sono in Italia a cui non viene nemmeno dato il sostegno nelle scuole??
RispondiEliminaCiao Erica, hai fatto una domanda davvero molto interessante. riflettendo non ho mai visto disabili stranieri in una scuola italiana, ma deduco che una volta inseriti al´interno delle strutture educative, gli verrä riconosciuto il diritto al sostegno.
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